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La sorpresa di vedere in Piazza San Marco una teoria di nere effigi richiamanti Las meninas non è stata accolta con favore da molti veneziani: si legge come un’ennesima imposizione, un’ennesima violenza su un corpo già martoriato.
Si può usare una città, un luogo simbolico, ma anche fosse nell’angolo più remoto della città non cambierebbe, per fini privati? Lo stesso quesito si pone quando si affitta per feste private un bene di tutti. Noi diciamo che non si può. Non tutto è in vendita a Venezia e soprattutto non il nostro patrimonio culturale, che ci ha fatto quel che siamo, ed è la nostra identità.
Questo estemporaneo uso (o sfruttamento) della città si inquadra in un fenomeno che ha preso piede da decenni ormai: la “biennalizzazione della città” con i suoi cascami collaterali. Assieme a VeneziaAlbergo la VeneziaVetrina impazza: galleristi e fondazioni corrono ad accaparrarsi ovunque spazi, e spesso sulla stampa leggiamo di nuovi palazzi acquistati e “rivitalizzati” a questo scopo, fra osanna e alleluia dei più.
Si tratta di vera rivitalizzazione? O di una risemantizzazione che toglie il senso, il valore di quello che era e che formava la città? A partire dall’operazione Palazzo Grassi della Fiat (che ha comunque comportato un restauro pesante del palazzo), con file interminabili di visitatori che bloccavano tutte le calli, tutti preda di un delirio di massa. Ma una tra le riconversioni più dolorose per noi è stata quella dello storico squero di San Giorgio, dove negli anni 2000 sono state varate le splendide caorline del maestro d’ascia Tamassia, ora ridotto ad “auditorium” con “visita mozzafiato” come spesso ora si dice.
E’ questo che Venezia si merita? Vedere cancellate le sue funzioni vitali? Sparire come città?
Il consiglio direttivo della Sezione di Venezia di Italia Nostra

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