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In vista della riunione della Commissione di Salvaguardia prevista domani, continuiamo a ribadire la nostra contrarietà al progetto di armare – con palancole e scogliere – il Canale dei Petroli, come proposto dal Porto di Venezia.

Eravamo rimasti qui.

Poi abbiamo letto questa intervista all’ing. Scotti, uno dei progettisti del MoSE, su La Nuova del 27 ottobre scorso:  «Scogliere e palancole in ferro medicine amare per la laguna», il male minore insomma? Anche no. La lettura dell’articolo ha ispirato a Lidia Fersuoch, presidente della Sezione, la riflessione che segue.

Una voce dal passato
Le parole dell’ingegner Scotti sembrano provenire da un lontano passato, dagli anni ’50, periodo in cui si cominciava a progettare il Canale dei Petroli che avrebbe assassinato la Laguna centrale. A proposito del Canale, Andrea Rinaldo scrive: «mi sembra evidente che nessuno aveva voluto distruggere la laguna. Semplicemente, non sapevano cosa sarebbe successo» (Il governo dell’acqua, p. 164).
Ora il disastro è davanti agli occhi di tutti. I cosiddetti “ambientalisti” lo dicevano da decenni: ricordo qui il nostro Pino Rosa Salva che contro il Canale si batté tutta la vita, i ragazzi del Fronte, che bloccarono il Canale il giorno dell’inaugurazione, e i tecnici che presto capirono cosa avrebbe comportato.
Sono passati 50 anni dalla sua inaugurazione, e ancora si ragiona con la stessa logica. Abbiamo distrutto la Laguna? La restauriamo? No! Finiamo di distruggerla completamente, affinché non ci sia più una laguna. Risolto il problema all’origine. Così si tapperà definitivamente la bocca a chi chiede quanto previsto dalle leggi speciali e dal Piano morfologico vigente: il riequilibrio.
L’ingegner Scotti riesuma la solita storia: scordatevi i bei propositi della legge speciale, il riequilibrio è impossibile, perché gli interventi necessari sarebbero faraonici, meglio procedere a suon di palancolate e massicciate di pietrame di grande pezzatura.
Armare le sponde del Canale dei Petroli con tali materiali (proibiti) significa cancellare la Laguna, farla diventare un’autostrada ad uso del Porto; lo dice chiaramente l’ingegnere: «il progetto … consente di salvare l’attività del porto». A quello si mira, non a salvare la Laguna! Il progetto che si discuterà a breve in Salvaguardia sarà l’atto finale: a suo posto della Laguna esisterà solo l’autostrada portuale, già Laguna centrale di Venezia.
Ma sono decenni che gli ingegneri ragionano trattando la Laguna da infrastruttura. La Laguna è invece un ecomosaico, parole della Commissione Via che bocciò il Mose.
Una responsabilità enorme tocca ai decisori: ci appelliamo alla Soprintendenza, che ha potere di porre il veto, e al Ministro dell’Ambiente che già bloccò il progetto nel 2013. Ma ci appelliamo anche al Provveditore Linetti che ha promosso il primo dibattito pubblico italiano, sull’Inserimento paesaggistico e ambientale delle opere alle bocche di porto: a maggior ragione per un’opera di esiziale conseguenza per la Laguna è imprescindibile garantire un confronto pubblico, dovuto alla popolazione cui fu imposto il Mose (a scapito e prima delle opere di riequilibrio, invertendo le priorità imposte dalle leggi e dagli atti di governo).
Solo con un dibattito aperto si potranno discutere finalmente i progetti di riequilibrio, che già ci sono e non prevedono per nulla interventi faraonici (e scoraggianti) come quelli ventilati dall’ingegner Scotti.  Mi riferisco al Piano Morfologico vigente, ai progetti di Lorenzo Bonometto sostenuti da Italia Nostra e pubblicati dall’Istituto Veneto, agli interventi proposti da Stefano Boato sulla Rivista Quaderni della Laguna.
Ci vorranno anni? Ci son voluti 6000 anni per formare la Laguna e 60 per distruggerla. Il riequilibrio è sancito per legge dal 1973 e sempre la legge del 1984 prevede l’«inversione del processo di degrado del bacino lagunare» e l’«eliminazione delle cause che lo hanno provocato», non l’accettazione e definitivo congelamento dello stato di fatto! Mezzo secolo perso, inseguendo progetti di sviluppo incompatibili con una laguna, a maggior ragione con la Laguna di Venezia.

La sede nazionale di Italia Nostra, nella persona della presidente Mariarita Signorini, condivide ovviamente la nostra posizione e ha invitato enti e autorità competenti a rivedere il progetto, anche facendosi promotori di un convegno in cui si possano riproporre, aggiornandoli, gli  obiettivi di riequilibrio e restauro morfologico della Laguna previsti per legge.

Potete leggere qui il testo integrale della lettera inviata ai ministri interessati nonché a Soprintendente e Provveditore e qui il comunicato stampa diffuso in merito.

 

 

rassegna stampa

Alberto Vitucci, Italia Nostra al governo «Intervenire sulle cause del dissesto lagunare», La Nuova Venezia – 4.11.18;
Italia Nostra alla Salvaguardia «No allo scempio scogliere», Il Gazzettino – 5.11.18.

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