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(Immagine dalla Nuova Venezia: palancole di “sicurezza” presso una riva dell’Alcoa a Marghera, già in via di disfacimento). Per un’associazione come la nostra, la cui ragione di esistere consiste nella “tutela” del patrimonio paesaggistico e artistico della nazione, non c’è forse allarme più grave da diffondere che quello della situazione dell’area ex industriale di Marghera. Più ancora che i danni prodotti dalle grandi navi da crociera, dal turismo di massa e perfino dall’esodo della popolazione, l’inquinamento di migliaia di ettari di fronte lagunare rischia di diventare una causa permanente e irreversibile di rovina per la città e per tutto il territorio che la circonda. Di fronte all’incalcolabile inquinamento prodotto nei decenni da insediamenti industriali coscientemente irresponsabili, non si è trovato di meglio che una “messa in sicurezza” attraverso fragili palancole di ferro (ben 42 chilometri di palancole), sotto alle quali tutti il percolato può tranquillamente percolare. La marginatura non è stata neppure completata, lasciando ben 4 chilometri interamente scoperti. E là dov’è stata completata, varie sezioni di palancolato cominciano già a sgretolarsi per la ruggine (ricordando le “barriere antiflutto” costruite a protezione di della Sacca Misericordia e di altre zone lagunari). La laguna rischia di rimanere irrimediabilmente inquinata, ma la cosa non fa notizia e rimane relegata alle pagine interne dei giornali, mentre in consiglio comunale si discute di tutt’altro. E per completare il quadro dello scempio di Marghera, ecco un’altra idea che si sta facendo strada: costruire un secondo “impianto di valorizzazione energetica”, ossia bruciare altra spazzatura (“combustibile solido secondario”), come se ormai si rinunciasse a salvare Marghera da un fosco destino di luogo senza speranza di riscatto. Trovate qui sotto due articoli della Nuova Venezia che rendono conto della drammatica situazione.

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