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(Immagine: Campo San Giovanni e Paolo visto dalla Libreria Francese). Come già tristemente annunciato, si verifica in questi giorni la chiusura per sempre della libreria francese di San Giovanni e Paolo. Amichevole e discreta, le sue vetrine erano da decenni un messaggio di cultura e sapienza anche per chi il francese magari non lo leggeva correntemente, una rassicurante presenza di pensiero, arte e bellezza. Innumerevoli autori francesi di passaggio per Venezia l’hanno frequentata, assieme ai non pochi che qui vivono in modo più o meno continuo. L’immagine di Venezia ne usciva arricchita, in contrasto con l’impressione di parco turistico che poteva derivare da alcune zone vicine. Ma ormai quel lato del campo dove si trova la storica pasticceria ex Fersuoch (ora dei Rosa Salva) è tutto un susseguirsi di “esercizi” per turisti, con vaste distese di tavolini e ombrelloni sotto gli occhi forse stupiti del Colleoni del Verrocchio e davanti alla stupenda facciata della Scuola Grande di San Marco: fatiche artistiche e sapienze costruttive sempre più sottoposte all’insulto della trascuratezza da parte di chi  dirige e amministra un’eredità culturale che non merita di aver ricevuto. Ben a ragione i proprietari della librera si chiedono, come riferisce Vitucci sulla Nuova Venezia, “perché nessuno pensi a tutelare questi luoghi di cultura come si fa con i musei e le chiese”.  Basterebbero delle semplici regole per le città d’arte, degli incentivi fiscali, degli incoraggiamenti simili all’Art Bonus recentemente (e tardivamente) introdotto dal Ministro per le attività culturali.

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