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Sulla Nuova Venezia di sabato 16 gennaio Alberto Vitucci presenta un articolo che riapre l’annosa questione del moto ondoso nei canali e in laguna. Negli ultimi anni la situazione è andata sistematicamente peggiorando e le ordinanze si sono aggiunte le une alle altre fino a creare una confusione di regole tale che ”anche gli operatori a volte non sanno che pesci pigliare”. Intanto le rive dei nostri canali si stanno sbriciolando sotto i colpi delle onde e i nostri polmoni si ammalano per le esalazioni dei motori di taxi e mototopi.  Chi abita a Venezia e più ancora chi frequenta in barca i canali e la laguna si rende ben conto che la situazione è insostenibile e che siamo di fronte all’ennesimo segno di mancanza di cura e rispetto per il nostro prezioso patrimonio architettonico, paesaggistico e storico.
Non so quale sia l’occasione precisa che ha causato l’articolo. So però che in esso vengono riportate alcune dichiarazioni del sindaco Brugnaro, che è anche assessore al traffico acqueo, per ragioni che mi sfuggono (è anche assessore alla cultura, com’è noto). Adesso Brugnaro annuncia che sta per affrontare il problema:  “cominceremo a lavorare”, ha detto secondo quanto riportato nell’articolo. E annuncia che userà un metodo nuovo: “il mio obiettivo è quello di arrivare a decisioni condivise”. C’è quasi da cominciare a illudersi, finché si legge la frase seguente: “Ho visto molta disponibilità nelle categorie che ho incontrato qualche mese fa”. Il metodo è dunque sempre lo stesso: convocare gli operatori  economici. Ma questi, che hanno i loro legittimi interessi, sono solo una parte del problema. L’altra parte, che dovrebbe stare ancor più a cuore di amministratori interessati al bene comune, sono i cittadini che vivono e respirano nel territorio. Questi, chi li rappresenta? I proprietari di case che stanno scivolando nei canali, i veneziani che conoscono la voga, gli stessi turisti che cercano una Venezia autentica e veramente diversa, non debbono venire ascoltati?
Se il sindaco non ne è a conoscenza, può essere opportuno ricordargli che in città esistono decine di associazioni di residenti che conoscono molto bene laguna e canali e che sono altrettanto e più interessati degli operatori economici a curarne la sopravvivenza. Una vera gestione partecipativa dei beni comuni dovrebbe ascoltare prima di tutto la loro voce. Perciò invitiamo Luigi Brugnaro a convocare, oltre a chi genera il moto ondoso, anche chi lo combatte. Se gli sfuggono i nomi, li può trovare negli uffici della Consulta per l’Ambiente del Comune di Venezia, un organismo gestito dal Comune stesso, al quale più di cinquanta associazioni sono iscritte. Saranno tutte ben felici di riunirsi, scegliersi dei rappresentanti e partecipare agli incontri con le “categorie”. Quello sì, finalmente, sarebbe un “metodo innovativo” di  gestire un territorio che appartiene a tutti.
Inseriamo qui sotto l’articolo sulla Nuova e un altro inserto, della stessa pagina, in cui si riferisce che molti (tassisti e trasportatori) chiedono la riapertura del rio delle Galeazze (quello che attraversa l’Arsenale). Ricordiamo che il rio è stato chiuso una decina d’anni fa con procedura d’emergenza perché le rive stavano crollando, trascinandosi dietro le case adiacenti. Ma fare”il giro” per la punta di Sant’Elena costa tempo e carburante. Il problema allora sarebbe: meglio distruggere le rive o inquinare facendo il giro? Solo le “categorie” possono vedere la cosa in termini così brutali. I cittadini comuni hanno un’altra risposta e sarebbe tempo di stare a sentirli.

Moto ondosoRio Galeazze

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