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Finalmente qualcuno che, disinteressato e molto esperto, ci aiuta a capire il perché delle dispute sulle navi da crociera. Si tratta del professor Giuseppe Tàttara, professore ordinario di Politica Economica a Ca’ Foscari, grande conoscitore del mercato del lavoro a Venezia e autore, tra l’altro, di decine di articoli e interventi, in Italia e all’estero, sui distretti industriali e sull’economia del nostro territorio.
Avevamo notato anche noi, seguendo lo svolgersi degli eventi, una certa contraddizione interna tra diverse dichiarazioni di Paolo Costa, che a volte esaltava le spese dei crocieristi in città, e a volte ripeteva che molti di essi neppure scendevano dalle navi. E d’altra parte ci risultava enigmatica l’insistenza sulla Marittima come scalo per le grandissime navi, anche a costo di farle passare per venti chilometri di laguna (canale dei Petroli più Tresse più Vittorio Emanuele).
Adesso il professor Tàttara ci spiega tutto. La sua lettera alla Nuova Venezia è un capolavoro di chiarezza e di anglosassone sobrietà. Lasciamo ai nostri lettori il piacere di scoprire il filo d’Arianna nel labirinto delle dispute veneziane (“follow the money”, si diceva al tempo del Watergate). Di nostro sottolineiamo solo il dato sullo scarsissimo o nullo contributo delle grandi navi all’economia dello Stato e del Comune (“Il Comune e lo Stato non ricevono alcun beneficio diretto”, parole testuali), e l’intrico dei rapporti societari tra l’Autorità portuale e la Venice Terminal Passeggeri. E concludiamo ripetendo per l’ennesima volta il nostro richiamo al buon senso: lasciamo che le grandi navi vadano dove non c’è una laguna da preservare, e manteniamo a Venezia le navi di stazza compatibile. Ci guadagneranno anche le nostre calli e i campielli, la vita di vicinato e quello che oggi si chiama “l’indice di felicità” degli abitanti. (Cliccare sui testi qui sotto per ingrandire).

 

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