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Nel corso della loro instancabile lotta contro i controlli dei limiti di velocità nei canali e in laguna, i tassisti di Venezia non hanno molti argomenti. Sembra ovvio che con le loro eliche e con gli scafi fuori misura rispetto agli stretti canali e ai fondali lagunari dovrebbero almeno rispettare alla lettera i limiti di velocità, in attesa di (improbabili) regole sulla forma delle carene e la potenza dei motori.
Contro il sistema Argos poi c’è ben poco da obiettare e ogni resistenza indica solo la volontà di correre più del lecito senza venire scoperti. Ma ora trovano un taxi che, correndo sulla scia di un’imbarcazione della polizia, è stato multato dalla macchina Argos che non ha saputo distinguere quale delle due imbarcazioni fosse responsabile del superamento dei limiti. E’ ragionevole pensare che in questo caso un ricorso avrebbe stabilito le vere responsabilità. Ma la categoria si attacca all’episodio per chiedere la sospensione dell’intero sistema e soprattutto la non introduzione dell’obbligo di Gps a bordo (il Gps renderebbe facilmente rintracciabili le trasgressioni). Sembra irragionevole che la protesta possa avere successo; ma nella martoriata questione del moto ondoso la ragionevolezza non è mai stata di casa.

Tassisti sugli specchi

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