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Sono pochissimi ormai i veneziani che usano le loro barchette, a remi o a motore, per tragitti anche brevi attraverso i rii cittadini. I sandoletti, le tope e le sanpierote sono praticamente spariti, sostituiti dai mille tipi di “barchini” con motori da 40 cavalli e quattro o sei altoparlanti stereo.  Ma se a qualcuno venisse in mente di usare la barca per farsi un giro in città, per andare magari a trovare un amico o a ritirare un pacco ingombrante, dovrebbe presto desistere. I rii di Venezia sono ormai la riserva esclusiva dei trasportatori di merci, dei tassisti e dei gondolieri.

Non c’è più posto per i privati. In molti di essi è chiaramente vietato il passaggio alle barche “da diporto” (che pure sono una piccolissima minoranza e non contribuiscono quasi per niente all’inquinamento acustico e atmosferico). Immensi barconi, spesso di ferro, ostruiscono il passaggio e si contendono le poche rive disponibili. Sensi unici imprevedibili e spesso mal segnalati costringono a giri lunghissimi, con aumento di moto ondoso in proporzione.  A un giornalista della Nuova Venezia, Alberto Vitucci, è venuto in mente di fare un giro in barca per i rii di Venezia. Ne è uscito l’articolo che riportiamo qui: sensi unici imprevedibili, divieti e limitazioni dappertutto. Sembra che si cerchi in ogni modo di dissuadere i residenti dall’uso delle barche. Intanto il neoeletto sindaco Luigi Brugnaro ha deciso di tenere per sé la delega al traffico acqueo e intende intervenire al più presto. Speriamo che l’articolo che qui riportiamo lo aiuti a considerare, oltre al punto di vista degli operatori commerciali, anche quello di chi in città risiede non per turismo ma perché ci è nato o c’è venuto a vivere per  l’antico fascino dei suoi canali.

Leggi l’articolo sulla Nuova Venezia.

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