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In Francia, dove Paolo Pirazzoli ha svolto la sua brillante carriera di ricercatore e di direttore di ricerca “di classe eccezionale” presso il Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) e aveva formato numerosissimi allievi, e in molti altri Paesi, centinaia di autorità accademiche e scientifiche e di semplici ricercatori stanno dolorosamente commentando la sua scomparsa, con l’intento di onorare e continuare la sua opera. In questi giorni, a Città del Capo, in Sud Africa, viene intanto dedicata a lui una sessione dell’International geological correlation programme dell’Unesco. Egli aveva infatti acquisito in tutto il mondo un’ecce­zionale reputazione scientifica, riguardo allo studio, le previsioni e gli effetti delle variazioni del livello del mare rispetto a coste e estuari fluviali, un tutto attentamente considerato nei suoi aspetti evolutiva, anche nel quadro del cosiddetto “global change” e della differenza del livello dal mare fra un punto e l’altro del globo.

Gli studi di Paolo Pirazzoli sui litorali gli hanno permesso di ottenere anche previsioni sul livello del mare rispetto a coste specifiche, in particolare in regioni a rischio come la Laguna di Venezia, alla quale fin dagli anni 70 egli ha dedicato numerosi attenti studi. Piraz­zoli ha diretto fondamentali progetti internazionali: leader dell’Igcp Project 200 “Correlazioni del livello del mare e applicazioni” (1983-1987, più di 600 partecipanti da 67 paesi) e membro rilevante di numerosi altri progetti Igcp, oltre al progetto Discobole su evoluzioni di mare e coste nel Qua­ternario o loro attuali previsioni.
Ha pubblicato oltre 250 arti­coli scientifici e cinque volumi a grande diffusione internazio­nale quali “Sea level changes, the last 20.000 years”, e il “World Atlas of Holocene Sea level changes”, e ha diretto l’importante rivista Global and Planetary Change dalla sua fondazione nel 1988. Signi­ficative furono le motivazioni dei suoi innumerevoli e riconoscimenti e premi, quali: “Be­st Paper Award 1989” dell’International Society for Reef Studies; premio di geologia “Konstantin Ktena 1995” dell’Accademia di Atene; “Best Paper Award 1995” dell’Inter­national Society for Reef Stu­dies; premio “Rhodes Eairbridge 1999” de l’Union Internatio­nale pour l’Etude du Quaternaire.
Alcuni suoi colleghi espri­mono l’opinione che, se esi­stesse un premio Nobel per ri­sultati di studi interdisciplina­ri sui rapporti fra coste e mare (e non strettamente apparte­nenti a discipline definite co­me fisica o chimica), il nome di Paolo Pirazzoli sarebbe pro­posto da varie personalità al corrente di suoi risultati.
Paolo partiva sul suo gom­mone per esplorazioni costie­re, a volte accompagnato da esperti del luogo e si fermava a fotografare i siti che riteneva interessanti in base alle sue ipotesi evolutive sulla loro sto­ria: storie di rocce, di sabbie, di ghiacci, di estuari, di fiumi, di siti abitati, di volumi d’acqua scesa e salita rispetto a essi, contribuendo a portarvi o to­gliervi la vita. Paolo ne intravedeva con occhio sicuro le tracce, che datava e interpreta­va. A lui sono dovuti gran parte degli attuali criteri per identificare emersioni a seguito di grandi terremoti, quali lo sconvolgimento tettonico del Mediterraneo orientale fra il IV e il VI secolo dopo Cristo, che ha sollevando il suolo fino a nove metri a Creta e ha reso inutilizzabili antichi importanti porti.
Dal suo curriculum parrebbe che l’inizio della sua attività scientifica, testimoniata da pubblicazioni di prestigio e ad alta diffusione, risalisse solo al 1974. Egli aveva allora compiuto 35 anni. Normalmente, troppi per iniziare una carriera di ricercatore. Il perché di quest’apparente contraddizione si trova nella storia di Paolo, nelle sue motivazioni e ideali, nel suo amore per Venezia. I suoi primi studi, pubblicati dal 1970, nella poco nota Tecnica italiana, rivista di ingegneria dell’Università di Trieste. Paolo abitava allora a Parigi (dove aveva seguito sua moglie Mi­chèle, autrice di studi fondamentali sull’arte e civiltà cinesi) e lavorava in cantieri edili per la costruzione di linee fer­roviarie ad alta velocità.
Come mai si occupava della Laguna di Venezia? Una risposta si trova in un brano della lettera che mi aveva scritto da Parigi il giorno di Natale 1968: «Quello che più mi lascia critico e distante è lo spirito del “redditizio” che impera ora in Francia. Ciò che faccio e gli altri fanno attorno a me manca di scopo. Ho quindi preso una posizione critica rispetto al mio stesso lavoro. È per questo che mi appassiono e lavoro alle question i di Venezia. Per me si tratta, oltre che di amore per la mia città, anche della possibilità di fare qualcosa di gratuito, qualcosa di utile di cui valga la pena, qualcosa che mi entusiasmi. È ben diverso dalle ore straordinarie che potrei fare in ufficio per un progetto di tunnel, con un maggior guadagno per la società che mi impiega e qualche premio supplementare per me a fine anno (…) lo scopo finale del mio lavoro sarebbe quello di permettere a gente insignificante di compiere in 20 minuti in meno il tragitto fra Lyon e Chambery, e quindi di sedersi la sera 20 minuti prima di fronte alla tv. A cosa servirebbe tutto ciò? Venezia invece serve, anche se la società attuale in fondo chiacchiera, chiacchiera, e in fondo se ne frega. Serve perché rappresenta un mondo umano da conservare, una dimensione umana che il mondo moderno sarà costretto a cercare per curare i suoi mali. Rappresenta un equilibrio, un qualcosa di sano, di utile, di necessario. Vale quindi la pena che io cerchi di dedicare una parte sempre maggiore delle mie forze perché tutto ciò non si perda…».
Dopo quel Natale, Paolo passò vari periodi a Venezia. Esplorava la Laguna per intere giornate misurando sistematicamente il livello dell’acqua. Ci illudevamo che avrebbe potuto lavorare a Venezia, al Cism (Cen­tro Internazionale di Scienze Meccaniche). Cosi non fu, l’idea di “Venezia città degli studi” non ebbe seguito, il Cism dovette trasferirsi altrove. Paolo cominciò allora a man­darmi le sue raccolte di dati la­gunari, io le mostravo al Toni Lepschy. Riscrivemmo assie­me, in forma “accademica­mente accettabile” le podero­se osservazioni lagunari di Paolo che, grazie al prestigio di Toni, furono subito pubblica­te su “la Tecnica italiana”. Pao­lo le fece poi conoscere all’illustre studioso di geologia e geomorfologia Fernand Verger, che gli aprì la porta dell’Ecole pratique des hautes etudes di Parigi, dove egli si diplomò nel 1973, Fu subito assunto dal Cnrs e vi iniziò in modo ufficia­le la sua brillante carriera scientifica, che continuò sem­pre ad includere indagini su Venezia e la sua Laguna, com­presi i litorali adiacenti e le pre­visioni sull’aumento del livello del mare e suoi effetti. Atene, settembre 2012 “Will the Mose project be able to defend Venice against the predicted sea level rise”. Sulle prospettive di Venezia in base alle più accu­rate previsioni sull’aumento del livello del mare e suoi effet­ti si aggiunsero suoi vari inter­venti su Le Monde, National Geographic, radio e televisioni europee incluse Europe 1 e Ra­dio France Internationale, ol­tre alla sintesi in italiano nel volumetto “La misura dell’ac­qua. Come e perché varia il li­vello marino a Venezia”, Corte del Fontego, 2011. L’opera di Paolo Pirazzoli è stata ignorata dai responsabili ufficiali delle strategie per la La­guna e la difesa dalle acque al­te. Salvo in un caso: alcuni di essi, sporsero una querela che a Paolo causò l’obbligo – altri­menti gradito – di ritorni a Ve­nezia: ma stavolta per recarsi in Tribunale. Naturalmente, fu assolto con formula piena.
Ci fu però un’importante occasione nella quale le competenze di Paolo Pirazzoli sono state ufficialmente messe al servizio della salvaguardia di Venezia. Nel 2006, il sindaco Massimo Cacciari e il responsabile per la Legge speciale Armando Da­nella lo avevano inserito nella Commissione di esperti che stava formulando soluzioni alternative per fronteggiare le acque alte a Venezia: Paolo partecipò con competenza e grande disponibilità. Tutto fu vanificato dal rifiuto governati­vo di prendere in considerazio­ne idee e progetti diversi dal Mose. Il capitale di conoscenze e di stimoli a cercarne altre, che Paolo Pirazzoli lascia al mondo, include 36 mila diapositive commentate, scattate durante le sue esplorazioni costiere, un’enorme quantità di articoli di rivista e libri internazionali e infine la sua grande raccolta di libri e articoli sulla Laguna che egli aveva recentemente donato alla Sezione veneziana di Italia Nostra.

Angelo Marzollo, ex rappresentante Unesco

 

Il consigliere Marzollo ha voluto ricordare l’amico Paolo, grande studioso e sostenitore di Italia Nostra, in un articolo pubblicato su La Nuova Venezia di oggi mercoledì 4 ottobre e qui riportato. Il prof. Pirazzoli è scomparso a Parigi lo scorso 2 settembre, come ricordato sempre da La Nuova.

 

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