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L’anno 2016 si conclude con tutti i grandi problemi di Venezia ancora irrisolti, mentre con il passare del tempo le situazioni gravi si cronicizzano. Com’è sempre accaduto a Venezia ciò metterà le generazioni future di fronte a fatti compiuti e irreversibili, con grande soddisfazione dei pochi che dallo stato esistente traggono rendite economiche e politiche.
Il Mose è ancora incompleto. Dopo l’esplosione degli scandali, molto facilmente prevedibili e previsti, il carrozzone sussiste e barcolla ma continua a succhiare denaro. Le voci di chi era contrario fin dall’inizio e ora ha avuto platealmente ragione cadono ancora nell’indifferenza del potere; anzi, causano irritazioni aggiuntive.
Le navi da crociera continuano a passare davanti a San Marco, con stupore del mondo intero. Dopo anni di discussioni si è ancora incerti se portarle a Marghera o scavare canali per arrivare alla Marittima o creare banchine fisse o mobili alle bocche di porto. L’opzione più giusta, quella di liberare città e laguna da quell’incubo, non viene neppure considerata, nel nome di un malinteso vantaggio economico, che andrebbe solo a favore dei potenti organizzatori, con briciole di semi-stipendi per gli sfortunati figli di chi non possiede licenze di taxi, di gondole o di bancarelle finto-ambulanti.
E’ esplosa la trasformazione degli appartamenti da case d’abitazione in strutture ricettive. Oltre seimila se ne contano su ventiquattromila utenze in città. Nessuno interviene e tra poco sarà troppo tardi.
Sciami di lancioni depositano ogni ora migliaia di visitatori innocenti davanti alla Ca’di Dio, per ritornare a prenderli nelle prime oredel pomeriggio e riportarli agl’infernali trasporti su gomma per la corsa verso altre martirizzate città d’arte.
Una commissione indipendente dell’Unesco, e poi un’assemblea generale, hanno esaminato il quadro generale e concluso che Venezia rischia di venire inclusa tra i siti in pericolo. Dovrebbe presentare un piano di resurrezione entro il febbraio 2017 ma non sembra avere intenzione di farlo. Il sindaco di Venezia si è scagliato contro l’interferenza negli affari della sua città, dimostrando un’abituale grossezza di vedute con la dichiarazione che prima di parlare l’Unesco dovrebbe mandare dei soldi per aiutare Venezia a pareggiare i bilanci.
I quali bilanci sono sempre in rosso malgrado trenta milioni di turisti nel 2016, cosa che spinge a vendere altri palazzi di pubblica proprietà e a concedere altri permessi per alberghi e centri di commercio turistico.
Di buono c’è che i cittadini non contagiati dalla generale miopia liberistica ancora resistono, ancora chiedono misure per salvare bellezza, cultura e qualità della vita e ancora mostrano a esempio le positive realtà di Barcellona, Amsterdam, San Francisco, perfino New York. In quest’ultima città, e nel suo intero Stato, non è possibile affittare un appartamento per meno di trenta giorni di fila: lungimiranza di amministratori che vedono un processo di degrado all’orizzonte e lo contrastano prima che sia troppo tardi.
Oggi si cita con orrore un’ordinanza comunale del 1962 che obbligava a sversare in laguna tutti i materiali inquinanti prodotti dalle industrie di Porto Marghera. Domani lo stesso orrore sarà generato dall’indifferenza verso le grandi navi da crociera e verso il proliferare di plateatici, di affitti turistici, di ricordini fabbricati in Cina. Il 2016 ha dato una forte spinta in quella direzione. Il 2017 rischia di fare altrettanto e forse di più, data la composizione dell’attuale giunta comunale e del consiglio che la sorregge.
Si va verso un anno di decisioni che non potranno essere che negative, date le premesse. Occorrerà resistere, mostrare che le strade alternative esistono e possono essere piene di luce. Anche quest’ondata di oscurantismo passerà, come tante altre in passato.

 

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