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(Immagine dalla Nuova Venezia: il progetto del porto d’altura). Mentre il sindaco Orsoni volava a Ginevra per spiegare al mondo le meraviglie della tecnologia italiana che “salvava” Venezia dalle inondazioni al modico costo di cinque miliardi e mezzo di euro (e già prospettava l’esportazione del “know how” alla Cina), i tecnici del Magistrato alle acque e del Consorzio Venezia Nuova stavano costruendo una conca di navigazione per l’accesso delle navi a paratoie chiuse. Adesso però, con la stessa disinvoltura, il presidente dell’Autorità portuale (e grande sostenitore del Mose) dichiara che “la conca era sbagliata”. Le navi non ci stanno e non riescono a entrare. Poco male, basta spendere un po’ per rifarla correttamente. Intanto si propone un’altra gigantesca opera, dal costo questa volta di due miliardi e mezzo: il porto che permetterà alle gigantesche porta-container di sbarcare le loro merci a Venezia, sui “mama vessel” che attraverso la povera Laguna raggiungeranno la sfortunata gronda lagunare dove dovrebbero essere caricati su camion e treni per la distribuzione al nord e all’est dell’Europa. Il ministero dei Lavori pubblici ha già bocciato i piani di quel porto d’altura? Gli esperti di Rotterdam hanno già appurato che il traffico dei container non prenderà la via di Venezia a causa della mancanza di un retroterra capace di alloggiare le vie di comunicazione? Poco importa. L’autorità portuale va avanti. Modificherà il progetto respinto, insisterà nella ricerca di capitali.
Intanto però si disegna il futuro della città di Venezia. Dove arrivano le strutture portuali e i parcheggi per container non ci potranno essere le sedi delle aziende tecnologiche del futuro. La gronda lagunare non sarà mai quell’accogliente giardino cosparso di centri di ricerca e produzione che potrebbe essere. Non sarà mai l’invidia di tutto il mondo, come avrebbe il potenziale di diventare. Sarà un’altra occasione perduta, nel nome di meschini interessi elettorali e di una visione miope del futuro del mondo.

Conca sbagliata

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